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01/07/2008
Nelle corse negli ippodromi, nei palii, nell'equitazione, i cavalli sonosempre sfruttati e messi in pericolo.
Il sito www.horsedeathwatch.com altro non e' che un lungo elenco di cavalli purosangue che hanno trovato la morte nelle corse o negli allenamenti: dal 13 marzo 2007, quindi in poco piu' di un anno, e solo in Inghilterra, sono 221. Naturalmente non sono morti per una caduta, ma sono stati ammazzati, perche' un purosangue azzoppato non rende nulla.
In Italia abbiamo forse il triste primato dei palii in cui i cavalli vengono fatti correre lungo stretti vicoli, o nelle piazze, tra ali di folla scalmanata, in condizioni di estremo pericolo e stress. Su queste vergognose "feste tradizionali" (ma tante sono inventate di sana pianta da sindaci "intraprendenti") c'e' una qualche sensibilizzazione, mentre invece si sa pochissimo e si parla poco di quello che succede nel mondo delle corse ufficiali e dell'ippica in genere.
Corse clandestine a parte e il ruolo che vi giocano le mafie e la criminalita' organizzata, in Italia ci sono 43 ippodromi dove si tengono oltre 20.000 corse l'anno, che vedono la partecipazione di oltre 200.000 cavalli. Il giro di soldi (legale) mosso dagli oltre 200.000 spettatori e scommettitori e' vicino ai 3 miliardi di euro [1]. Ovviamente ci sono poi scuderie, fantini, allenatori, veterinari, compratori, scommettitori, giornali specializzati, un ente di diritto pubblico, l'UNIRE, e una federazione degli sport equestri, la FISE.
In tutta Europa si contano circa 6 milioni di equidi, in Italia, secondo i dati Istat sono 400.000: pochi rispetto alle altre specie "zootecniche", ma pur sempre si tratta di numeri considerevoli. Dal 2001 si registra una crescita sia nel numero di cavalli nati, che di allevamenti (circa 3000). Nel 2003 sono stati fatti nascere oltre 13.000 purosangue, registrati negli alberi genealogici dei diversi enti, destinati all'attivita' sportiva e agonistica [2].
E' poi vero che non tutti i cavalli finiscono nel mondo delle corse. Ci sono situazioni dove i cavalli vivono in modo dignitoso, e ci sono tante persone che ne accolgono (magari quelli ritirati dalle corse), che amano cavalcare e hanno un rapporto affettivo con questi splendidi animali.
Il doping e' una piaga in molti sport agonistici, ma per i cavalli e' molto peggio, e parliamo di un fenomeno non circoscritto alle sole corse clandestine. Se in conseguenza del doping (cocaina, anabolizzanti, diuretici, anti-infiammatori, epo, viagra...)[3] un cavallo "scoppia" o "si rompe", lo si macella, ma se vince o se si piazza in una corsa importante sono migliaia o decine di migliaia di euro per il proprietario, il fantino, il veterinario, l'allenatore. Il gioco vale la candela quando a pagarne le conseguenze e' il cavallo.
Il lungo elenco di operazioni di polizia condotte nel mondo delle corse danno la misura della pervasivita' di un fenomeno che interessa anche le strutture ufficiali [4].
A spulciare tra varie fonti, compresi forum e blog di appassionati, si scopre che esiste un'ampia evidenza che i cavalli non dovrebbero essere cavalcati prima dei tre anni, ma normalmente subiscono la doma e gli allenamenti a partire dai 18 mesi per poi farli correre gia' a due anni. Legamenti e struttura ossea sono ancora in formazione e con questa pratica gli si causa scientemente dei danni permanenti [5].
Sono tante le notizie e le testimonianze che raccontano di cavalli che, magari perche' troppo giovani, non rispettano i tempi minimi e sono per questo mandati al macello; di cavalli picchiati e tenuti in condizoni di stress per "punizione", dell'uso di speroni, fruste e altri strumenti costrittivi basati sul principio di provocare dolore si trovano facilmente sui siti specializzati.
Pochi sono i cavalli che escono vivi da quel mondo solo all'apparenza dorato. Qualcuno e' fortunato e trova chi puo' dargli una sistemazione e un posto per correre senza dover vincere ad ogni costo. Altri vengono riciclati nei palii, o nei circhi, o in maneggi, ma i piu' vanno diretti al macello.
Si', perche' la carne di cavallo, in Italia, si mangia. Sono 170.000 i cavalli che ogni anno [6] vengono ammazzati per l'alimentazione umana: i piu' arrivano dalla Spagna o dai paesi dell'Est dopo viaggi allucinanti di giorni, altri appunto, sono gli scarti delle corse e dell'attivita' sportiva.
E questo non succede solo in Italia, ma anche in Inghilterra e negli Stati Uniti dove non c'e' un mercato per la carne di cavallo. Si macellano, perche' e' legale farlo, e si esporta la carne: si stima siano oltre 2000 all'anno i cavalli da corsa che vengono macellati in Inghilterra[7].
Oltre che negli ippodromi i cavalli vengono utilizzati come "strumento" anche in altri "sport" più di elite, che vanno dal "dressage", esibizione di obbedienza e sottomissione, al massacrante "completo" (che tra l'altro e' una disciplina olimpica), passando per il "salto", l'"endurance" (gare di resistenza) per la caccia alla volpe o la corrida.
Non si tratta certo di un uso accettabile degli animali: ogni uso di animali nello "sport" va messo in discussione, per la sofferenza, la violenza, i danni concreti, fisici e psichici, che vengono inflitti agli animali.
La stessa ferratura, che si e' diffusa nell'Europa feudale come conseguenza della domesticazione del cavallo, della loro stabulazione, e delle esigenze belliche, e' tuttora largamente diffusa; viene ancora considerata un "male necessario", perche' effettivamente provoca danni fisici, nonostante da decenni esistano evidenze contrarie ed un movimento che propugna il cavallo sferrato (barefoot).
La stessa esigenze della doma, in primo luogo ci dovrebbe far capire che per un cavallo non e' affatto "naturale" portare in groppa un umano e farsi comandare da questo a suon di strattonate in bocca, e botte ai fianchi. Anche qui esiste un movimento, detto della "doma dolce" che prende in considerazione le caratteristiche etologiche dell'animale. Ma la tecnica piu' diffusa resta quella tradizionale in cui l'animale viene domato con la forza.
Saltare una dozzina di ostacoli in una gara, di cui alcuni oltre i due metri di altezza, in spazi ristretti, non e' affatto naturale ne' senza conseguenze fisiche per un cavallo del peso di 4 quintali. I mezzi coercitivi nell'addestramento consistono nel colpire gli arti del cavallo in fase di salto con delle sbarre per costringerlo a tenere le zampe molto sollevate in modo da evitare di toccare gli ostacoli (il farlo costituirebbe una penalita' in gara). Oppure si usa ricoprire gli ostacoli con rivestimenti chiodati, elettrificati, urticanti... anche se ovviamente tutto cio' e' illegale. Ma chi parla, o chi controlla?
La stessa normalita' dei maneggi e delle stalle, per i cavalli significa prigionia. E' forse normale essere costretti a trascorrere la maggior parte del proprio tempo rinchiusi in stretti box, per poi uscire ed essere "usati" solo per qualche ora e nemmeno tutti i giorni... e sempre per soddisfare le esigenze, o meglio il capriccio degli umani?
Non sempre la violenza assume le forme piu' crude ed evidenti del sangue sparso, delle bastonate, o del bisturi del vivisettore: l'addestramento, o meglio la coercizione a fare cio' che noi vogliamo e' essa stessa violenza. Far nascere animali per privarli della loro liberta' e soffocarne l'istinto naturale e' violenza.
Fonti:
[1] UNIRE,
Sintesi dell'attività ippica annuale
[2] Il progresso veterinario, A proposito di anagrafe equina, 15 febbraio 2007
[3] Legambiente,
Cavalli al doping, 2006
[4] La Gazzetta dello Sport, Campania doping Arresti a raffica, 28 febbraio 2006
[5] Horse Behavior
and Psychology
[6] Corriere della sera, Spagna-Italia i viaggi mortali dei cavalli, 12 febbraio 2008
[7] AnimalAid,
Background notes on horse slaughter, 18 settembre 2007
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