Caccia: abbattimenti e ripopolamenti

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06/07/2009

Cosi' le istituzioni fanno divertire i loro amici cacciatori.

Fra poco piu' di un mese in tutte o quasi le regioni si aprira' la cosiddetta "caccia di selezione": si tratta di migliaia di abbattimenti (in teoria controllati) delle piu' diverse specie (caprioli, cinghiali, cervi, ecc.) considerate "in sovrannumero".

I cacciatori e loro amici che siedono nelle commissioni o presiedono consigli regionali e provinciali hanno escogitato da tempo questo escamotage per permettere la caccia anche al di fuori del periodo invernale.

Attraverso un tortuoso meccanismo di rilevazione della popolazione delle diverse specie, il piu' delle volte ad opera degli stessi cacciatori, e con il beneplacito, tante volte neppure richiesto, dell'INFS (Istituto Nazionale Fauna Selvatica) le regioni stabiliscono quanti animali delle diverse specie devono essere uccisi: tot maschi adulti, tot piccoli, tot femmine. Per il "bene della comunita'" i cacciatori si accollano l'onere di questo "lavoro" pagando pure una certa cifra per ogni animale abbattuto (che naturalmente poi si mangiano o rivendono ai ristoranti).

Le regioni motivano al pubblico questi provvedimenti con una serie di argomentazioni che in genere sono:

- danni all'agricoltura;
- incidenti stradali;
- pericolo (sic) per la popolazione.

In genere portano le cifre dei danni che devono risarcire, che essendo a cinque o sei zeri, fanno sempre il loro effetto sulla gente, ma che se venissero riportate in termini percentuali risulterebbero risibili. Questo vale tanto per i risarcimenti quanto per gli incidenti. Anzi, in questo caso "si dimenticano" di dire che gli incidenti provocati dai selvatici aumentano moltissimo nei periodi di caccia in cui gli animali sono spaventati e inseguiti dai cacciatori.

Sulla "pericolosita'", decenza vorrebbe che si citassero le vittime umane della caccia (mediamente piu' di 150 ogni anno tra morti e feriti) piuttosto che improbabili assalti alle case da parte di orde di cinghiali o cerbiatti.

"Ma se ci sono troppi animali, che danneggiano gravemente il loro stesso habitat oltre che le attivita' umane, cosa si puo' fare in alternativa?"

La gente e' portata a porsi questo tipo di domande dal modo fuorviante in cui viene posto il problema. Risposte del tipo: "spostare gli animali in altre aree" oppure "succede perche' si e' infranto l'equilibrio tra predatori e prede", per quanto possano apparire valide, suonano ai piu' come una risposta non convincente o velleitaria al problema. E in effetti non sono la risposta, perche' l'unica vera soluzione al problema e' l'abolizione della caccia.

Si', abolire la caccia, perche' sono i cacciatori i veri ed unici responsabili del sovrannumero degli animali selvatici, quando questo esiste davvero, ed e' a loro e alle loro associazioni che dovrebbero essere addebitati i danni. Invece vengono addirittura premiati regalando loro, dietro un modesto obolo, la possibilita' di ammazzare altre migliaia di animali.

Basta fare una banale ricerca su Internet con le parole chiave "allevamenti selvaggina" o "ripopolamento" e si trova un lungo elenco di decine e decine di aziende che propongono i loro "prodotti" e tanto di modulistica ufficiale sui siti di regioni, comuni e province.

Un cinghiale per "devastare" i campi di patate? 700 euro, se pero' e' un "riproduttore selezionato" si passa ad 850. Le temibili minilepri? Costano poco: dai 40 ai 120 euro. Per un capriolo o un cervo si arriva a 2000 euro, i fagiani invece si danno via a prezzi stracciati: 15 euro. Sono quelli che manco sanno volare e che vengono ammazzati a migliaia il primo giorno di apertura della caccia. [1]

Ovviamente si tratta di attivita' regolamentate da leggi nazionali (157/92), provinciali e normative ASL. Ogni provincia stabilisce poi un proprio calendario indicante i comuni interessati al ripopolamento, le specie e i capi da reintrodurre.

I ripopolamenti illegali sono ancora un'altra storia. Questi animali selvatici di allevamento vengono poi anche venduti alle aziende faunistico-venatorie e alle aziende agri-turistico venatorie.

Non si tratta di briciole: in Italia ci sono 380 aziende agrituristiche venatorie e 1185 aziende faunistico-venatorie che, per legge, possono occupare fino al 15% del territorio agro-silvo-pastorale (il 3% in Lombardia) con un fatturato medio dai 300.000 ai 500.000 euro l'anno. Nella sola lombardia gli allevamenti di selvaggina sono 57 per un fatturato di 18 milioni di euro l'anno [2].

Un paio di mesi fa, ad esempio, e' stato lanciato l'allarme dai viticoltori toscani [3] per i caprioli che a loro dire devastano le terre del chianti e gli altri vigneti di pregio malgrado gli oltre 5000 abbattimenti gia' attuati nell'anno precedente. E di "allarmi" del genere che spingono solerti assessori a rivedere (al rialzo) sempre nuovi piani di abbattimento se contano a decine.

Con una mano si autorizzano abbattimenti per decine di migliaia di animali ogni anno e con l'altra si autorizza il ripopolamento (e tutta la filiera che ci sta dietro). Poi si vuol dare a bere alla pubblica opinione che questi animali si moltiplicano in modo incontrollato e che "bisogna" intervenire con gli abbattimenti per salvaguardare boschi e coltivazioni, o difendere i bambini dell'asilo dall'assalto dei cinghiali come spesso alcuni giornalisti irresponsabilmente scrivono [4].

Il problema del sovrappopolamento semplicemente non esiste, o meglio e' un problema creato ad arte per favorire i cacciatori. Gli animali in sovrannumero ci sono perche' i cacciatori e i loro referenti politici ce li mettono - legalmente. Perche' questo e' l'interesse dei cacciatori e del business che questi alimentano. Business che non e' solo quello delle armi (il 45% del fatturato e' legato alla caccia), ma anche quello di abbigliamento ed accessori, allevamento e addestramento dei cani da caccia, editoria (con oltre una decina di riviste specializzate) e turismo venatorio.

Non bisogna cadere nel tranello mediatico della caccia di selezione come "necessita'", o farsi trascinare in dibattiti dall'esito scontato su improbabili delocalizzazioni o sterilizzazioni di animali selvatici. Bisogna semplicemente combattere la caccia e quella sottocultura violenta che la giustifica.

Fonti e note

[1] I prezzi e le frasi riportati sono tutti tratti letteralmente da siti di allevamenti di selvaggina cui pero', per ovvie ragioni, non ci sembra il caso di fare pubblicità.

[2] Il Sole 24 ore, "Nel carniere lombardo giro d'affari miliardario", 30 gennaio 2008

[3] Il Corriere della Sera, Il Chiantishire contro i caprioli - Abbattiamoli, devastano le vigne, 19 maggio 2009

[4] Adige.TV, Allarme cinghiali in via Commerciale, 1 giugno 2009

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