Report Greenpeace sull'impatto ambientale del consumo di carne: luci e ombre

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09/05/2018

Finalmente un corposo dossier sul tema da parte di Greenpeace, dopo anni di colpevole silenzio. D'altra parte, ormai con la mole di dati disponibile sul tema da anni, sarebbe stato insostenibile per loro far finta di nulla e ignorare la questione.

Il dossier si intitola "Less is more" ("Meno è meglio", nella versione italiana) ed è uscito nel marzo di quest'anno.

Ora resta da vedere se l'invito a ridurre drasticamente i consumi di cibi di origine animale, presente nel dossier, verrà davvero diffuso il più possibile o se rimarrà lettera morta e il dossier servirà a Greenpeace solo per mostrare di aver preso posizione sull'argomento. E' chiaro che invitare i proprio sostenitori a diminuire dell'80% il consumo di carne non sia una buona mossa per ottenere consensi e sostegno.

In ogni caso, esaminiamo le luci e le ombre di questo documento: gli aspetti utili e positivi e quello che invece proprio non ci è piaciuto.

Premettiamo che Greenpeace non propone come scelta quella di un'alimentazione 100% vegetale, ma d'altra parte non ci si poteva aspettare una tale posizione da un'associazione che da molti anni cerca il consenso del grande pubblico e che non ha mai avuto come come obiettivo quello della difesa dei diritti degli animali in quanto individui. Anzi, in qualche punto del dossier ci tengono proprio a precisare che la loro non è una posizione che coinvolga l'etica.

Le luci

Propongono la diminuzione drastica del consumo di carne e latticini in Europa: -80% e -87% rispettivamente

La proposta del dossier Greenpeace, come obiettivo da raggiungere entro il 2050, è il dimezzamento del consumo di carne e latticini a livello mondiale, vale a dire 16 kg di carne l'anno e 33 kg di latte a testa.

Dato che però nel mondo non tutte le nazioni hanno gli stessi consumi, anzi, ci sono differenze enormi, questo si traduce, per l'Europa, Italia inclusa, in una diminuzione non del 50%, ma dell'80% del consumo di carne e dell'87% di quello di latticini. Un tale taglio sui consumi sarebbe senz'altro molto positivo e salverebbe moltissimi animali.

E le uova? Chissà, pare se le siano dimenticate, come se non derivassero anch'esse dall'allevamento.

Invitano alla diminuzione dei consumi di TUTTE le carni, non il passaggio da manzo a pollo

Per fortuna non troviamo nel dossier il solito consiglio ipocrita delle associazioni ambientaliste di passare dalla carne di manzo a quella di pollo con la scusa che quest'ultima avrebbe un impatto minore. Nel dossier si afferma infatti: "Crediamo che l'approccio migliore sia di considerare il settore della carne e dei latticini in modo olistico e includere tutti i tipi di prodotti animali allo stesso modo. [...] La produzione di maiali e polli rappresenta già il 70% della produzione globale di carne e [...] spostare i consumi da un tipo di carne a un altro potrebbe non ridurre in maniera significativa l'impatto ambientale della produzione alimentare".

Questo è decisamente ben detto: tutta la carne va evitata e spostare i consumi da un tipo all'altro non serve a nulla. Idem per i derivati come latticini e uova.

Considerano l'estinzione degli animali selvatici causata dagli allevamenti

In questo report viene considerato anche un punto di vista di cui si parla poco: quello dell'estinzione di massa di numerosissime specie selvatiche a causa degli allevamenti e delle coltivazioni (gran parte delle quali servono a foraggiare gli animali).

Si afferma nel dossier: "Molti scienziati temono che sulla Terra stia avvenendo la sesta estinzione di massa. Il tasso di estinzione è oggi 1000 volte più alto di quello che si avrebbe in natura senza le attività umane. Modificare la dieta verso un'alimentazione maggiormente basata sui vegetali potrebbe ridurre del 20-40% l'incremento previsto del rischio di estinzione entro il 2060 per i mammiferi e gli uccelli di dimensioni medio-grandi".

Le ombre

Accanto a questi aspetti positivi, ci sono alcune ombre, oltre a quella ovvia di non invitare mai a una dieta 100% vegetale, anzi, dipingendola come troppo drastica, non necessaria e difficilmente attuabile.

Fanno credere che gli animali non soffrano

In più punti sostengono che con questa diminuzione dei consumi gli allevamenti potranno diventare rispettosi del benessere degli animali e che gli animali "non soffriranno". Come no, non soffriranno, verranno solo uccisi in giovane età, alle mucche verrà portato via ogni anno il figlio appena nato, i pulcini maschi saranno uccisi a pochi giorni di vita e le galline ovaiole a due anni.

Queste assurdità se le potevano risparmiare: gli animali soffriranno come prima, solo che anziché essere 76 miliardi l'anno a soffrire e morire saranno 38 miliardi, la metà. Positivo, certo, ma sono sempre 38 miliardi di animali imprigionati e uccisi. Non zero.

Perché far credere ai lettori interessati al rispetto per gli animali che non serve smettere di mangiarli, ma basta mangiarne di meno?

Ignorano le uova

Pur se in qualche grafico riportano anche l'impatto del consumo di uova, questo ingrediente animale non viene proprio citato in modo esplicito, come avviene per i latticini. Ma è ovvio che nella diminuzione dei consumi di cibi animali vadano incluse anche le uova, a maggior ragione perché loro stessi invitano ad avere una visione "olistica" e considerare allo stesso modo tutti i prodotti dell'allevamento.

Considerano i pesci meno animali degli altri

Per i pesci, la posizione di Greenpeace è un misto di luci e ombre.

Luci, perché ammettono che "la grande maggioranza delle zone di pesca è stata completamente sfruttata e nonostante questo i prodotti della pesca costituiscono uno dei maggiori mercati del mondo". Ammettono anche che nei paesi ricchi il consumo di pesca va diminuito.

Ombre, perché continuano a considerare l'industria della pesca come qualcosa che va mantenuto, solo per la pesca in piccola scala e "a basso impatto ambientale" nelle zone in cui vi sono ancora abbondanti popolazioni di pesci. Certo, andiamo a sterminare anche quelli.

Inoltre non prendono in considerazione gli allevamenti di pesce (itticoltura), che causano gravi danni all'ambiente come tutti gli allevamenti di animali: eppure, ormai la metà del pesce consumato proviene da allevamenti.

Conclusione

La presa di posizione di Greenpeace in questo dossier è importante, perché, se l'associazione intendesse davvero impegnarsi a informare il pubblico su questi temi, potremmo avere un ottimo decremento dei consumi, vale a dire meno animali allevati e uccisi. Certo, chi applicherà questi consigli lo farà solo per l'ambiente e non per gli animali (se lo facesse per gli animali, dovrebbe ridurre il consumo a zero), ma intanto gli animali non saranno uccisi, questo conta.

Greenpeace ha un potenziale mediatico che noi ci possiamo solo sognare, quindi se si impegnasse su questo fronte sarebbe utilissimo. Gli scettici dicono che purtroppo non lo farà. Staremo a vedere.

Fonte:
Dossier "Less is more", Greenpeace, marzo 2018.
In inglese - In italiano

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