La vivisezione e la legge: come sono cambiate le cose?

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13/09/2018

A distanza di 4 anni dall’entrata in vigore della nuova legislazione, vediamo com’è cambiato l'atteggiamento del Ministero nella gestione dei protocolli di sperimentazione su animali. Ci racconta le novità la dottoressa Susanna Penco, dell’università di Genova, da molti anni impegnata nel contrastare la vivisezione attraverso la diffusione di metodi scientifici senza uso di animali e attraverso il lavoro in quelli che un tempo venivano chiamati "comitati etici", oggi OPBA (Organismi Preposti al Benessere Animale).


Prima di lasciarvi all’intervista, una premessa: bisogna considerare che la legge che regolamenta la vivisezione non è mai entrata, né entra adesso, nel merito della validità scientifica dei test su animali, ma si limita a dare delle indicazioni sulla “protezione degli animali utilizzati a fini scientifici”. Già questo nome ha sempre lasciato l’amaro in bocca. E’ una contraddizione in termini, perché è chiaro che non ci potrà mai essere “benessere” per gli animali tenuti imprigionati nei laboratori, sottoposti a esperimenti dolorosi e alla fine uccisi.

Questa legislazione, sia nella versione precedente che in quella di recepimento della nuova direttiva europea del 2010, ha sempre avuto ben poco margine di manovra: non è in grado di “vietare” degli esperimenti che il ricercatore di turno si è messo in testa di fare, ma, se usata in modo opportuno, può comunque costringere lo sperimentatore a utilizzare meno animali o a giustificare la motivazione dei propri esperimenti, anziché lasciargli campo libero.

Certo, è poco, ed è per questo che la battaglia principale non è sull’applicazione di questa legge, ma sulla diffusione dei metodi senza animali e della cultura dell’antivivisezionismo sia etico che scientifico: oltre a essere un’aberrazione in termini etici, va ricordato sempre che la sperimentazione su animali è un’aberrazione anche in termini scientifici, perché eseguire esperimenti su una specie diversa da quella umana su cui viene indotta una patologia artificiale è completamente inutile.

L’intervista alla dottoressa Susanna Penco

Domanda: Un tempo il Ministero della Salute non rigettava praticamente mai i protocolli che richiedevano nuove sperimentazioni su animali. Oggi non è più così: come sono cambiate le cose? Su quali basi alcuni protocolli sono rifiutati?

Il Ministero, che prima del recepimento della direttiva non rigettava praticamente niente, attualmente ha un atteggiamento decisamente più severo: c'è più attenzione soprattutto alle sofferenze animali, che non devono essere sminuite da parte del ricercatore.

I protocolli vengono rifiutati se non sono indicati i fondi della ricerca, se le sofferenze degli animali non sono sufficientemente motivate, se si usano più animali di quanto previsto per quel tipo di esperimento, se l’esperimento non è descritto nel dovuto dettaglio, se non sono state prese in considerazione le 3 R. Ci possono essere richieste di integrazione o un vero e proprio rigetto. Va notato tuttavia che la valutazione della sofferenza degli animali è fatta in termini di “costi/benefici”: se lo sperimentatore considera il “beneficio” abbastanza elevato, per la legge è lecito che anche la sofferenza sia alta.

Nelle valutazioni viene posta enfasi anche al "materiale di arricchimento", vale a dire giochini per roditori: ma se è vero che un animale maltrattato o anche solo "annoiato" perché gli manca il materiale di arricchimento, o stressato, non produce esperimenti proficui, figuriamoci allora come impatta il fatto che la specie dell’animale sia diversa da quella umana! E che dire di tutti gli esperimenti “scientifici” effettuati prima dell’applicazione della direttiva, che non obbligava a fornire i giochini ai roditori? Andrebbero buttati migliaia e migliaia di lavori “scientifici” su cui i ricercatori hanno costruito brillanti carriere?

D.: Sappiamo che i comitati per il benessere animale, OPBA, sono formati per lo più dalle stesse persone che effettuano la sperimentazione su animali, ma qualcuno di contrario di solito c'è al loro interno. Che possibilità di intervento c'è? Le valutazioni negative, anche se "di minoranza" sono ascoltate?

Le valutazioni di minoranza non solo non sono ascoltate, ma non è previsto che un parere negativo giunga al ministero. Capita poi, per fortuna, che il parere negativo espresso da membri in minoranza venga esternato anche dal ministero, senza mezze misure, con parole e motivazioni simili, e che il progetto venga rigettato senza tanti complimenti, quasi che gli esperti abbiamo letto nel pensiero della minoranza. Tuttavia non tutti gli OPBA hanno le medesime regole e ciascuno ha una sua indipendenza decisionale.

Le 3 R: cosa sono e come sono applicate

Prima di passare alla domanda sulle “3R”, spieghiamo brevemente cosa sono: le“3R”, che dovrebbero servire a ridurre la vivisezione. La prima R è quella che vorremmo venisse sempre usata: è quella del Rimpiazzamento, vale a dire dell’utilizzo di metodologie che NON coinvolgano animali; la seconda R è la Riduzione del numero di animali usati negli esperimenti; la terza R è il Refinement, il “perfezionamento”, vale a dire la modifica delle tecniche usate in modo da far soffrire meno gli animali.

Come vedremo nell’intervista, purtroppo l’unica R che la legislazione riesce a far applicare è quella della Riduzione del numero di animali. E’ senza dubbio importante, perché tra uccidere 1000 animali in un esperimento o 20 c’è una bella differenza e si salvano davvero molte vite. Quindi, ben venga, assolutamente! Tuttavia, non viene mai messa in dubbio l’utilità o addirittura la necessità dell’utilizzo di animali, quindi come cultura si è rimasti fermi a secoli fa.

Il Perfezionamento, è di fatto una presa in giro, perché il livello di sofferenza degli animali è valutato dai vivisettori stessi e consiste solo di piccoli accorgimenti che non cambiano nulla per gli animali.

La R del Rimpiazzamento dei test su animali con metodi senza animali, non è mai applicata, a causa soprattutto dell’ignoranza dei vivisettori e sulla loro mancanza di volontà di aggiornarsi ed evolvere: preferiscono fare sempre gli stessi esperimenti inutili su animali, pur di usare tecniche che conoscono, piuttosto che imparare metodologie nuove e ottenere qualcosa di utile. Questa è l’amara realtà.

D.: I principi delle 3R fino a pochi anni fa erano lettera morta, pur essendo citate nella legge esistente. Oggi ne viene controllata invece l'applicazione, almeno delle prima due. Come sono cambiate nella pratica le cose?

Un chiarimento: prima della direttiva, le 3 R non erano applicate dalla maggior parte dei ricercatori. Adesso invece sono almeno prese sul serio le 2 R che riguardano la Riduzione del numero di animali usati, e il Refinement, vale a dire il "perfezionamento". Quest'ultima R consiste nel ridurre la sofferenza degli animali (che però rimane sempre elevata) e, purtroppo, nello scegliere una specie con minor sviluppo neurologico, come se un topo soffrisse meno di un cane o di una scimmia. Si leggono dunque giustificazioni del tipo: “Usiamo il topo (o il ratto) poiché è l’animale con più basso sviluppo neurologico”.

Riguardo alla riduzione, prima nei progetti si leggevano richieste di numeri di animali da capogiro, molte migliaia, adesso la riduzione è cospicua. Se poi si potranno condividere tra più laboratori organi e tessuti di uno stesso animale ucciso il numero scenderà ulteriormente.

Per quanto riguarda il "perfezionamento", i membri OPBA devono tenere dei corsi di formazione sul “benessere animale” e i ricercatori che usano animali sono tenuti a seguirli. Sappiamo bene che non può esistere benessere animale in un laboratorio di sperimentazione, quindi questa definizione è davvero contraddittoria, ma quel che è vero è che oggi, nella pratica, lavorare su animali è obiettivamente più complicato e le norme sono più severe.

Purtroppo, la prima R, la più importante, il Replacement, cioè la sostituzione di animali con metodi senza uso di animali, è presa in considerazione da pochissimi ricercatori: nella maggior parte dei casi gli addetti ai lavori fanno un poco dignitoso copia–incolla dal progetto precedente a quello nuovo affermando che "non esistono mezzi per sostituire l’animale".

Sarebbe necessario dunque che la legislazione prevedesse invece di sostenere la ricerca sul Replacement, altrimenti continuerà a venire ignorata. Ovviamente finché la prima R, la sostituzione, è solo “consigliata”, non sarà messa in atto: occorrerebbero un obbligo e, di conseguenza, una sanzione, in caso di inadempienza, altrimenti tutto resterà lettera morta.

D.: Valutazione retrospettiva: ci spieghi questo concetto, in cosa consiste e quali sono le reazioni degli sperimentatori su questo argomento?

La valutazione retrospettiva viene fatta dal ministero e ha lo scopo di capire, e divulgare, a posteriori, se gli esperimenti fatti sugli animali si siano poi trasformati in conoscenze concretamente utili per la specie di destinazione, ossia noi, gli umani. Dato che questo non avviene mai, è chiaro che i ricercatori temano questo genere di controllo.

Questa procedura tenta di attribuire ai ricercatori le loro responsabilità, non so se con risultati efficaci. E’ comunque temuta, al punto che molti scienziati tentano il possibile per far passare come “moderate“ o addirittura “lievi“ le sofferenze inflitte agli animali che in realtà sono da classificare come “gravi”. Infatti i progetti che dichiarano sofferenze lievi (ovviamente solo dichiarate, perché per gli animali usati nessuna sofferenza è lieve) possono in teoria essere esentati dalla valutazione retrospettiva, a meno che non siano fatti su primati non umani.

Tuttavia, si dice che tutti i progetti, con qualsiasi livello dichiarato di sofferenza, dovrebbero essere sottoposti a valutazione retrospettiva, ma non so se se le cose stiano davvero così.

D.: Livelli di sofferenza: oggi il Ministero non lascia più passare, come un tempo, un'assegnazione di livello di sofferenza "basso" per ogni esperimento. Cosa implica nella pratica questo, quali sono i risvolti positivi per gli animali?

Prima di tutto vorrei osservare che, nel giro di una notte, quella dell’applicazione della direttiva, tutti i progetti lievi sono diventati gravi! Tuttavia le sofferenze gravi non è che non siano accettate o che i progetti vengano per questo rigettati. Quindi i benefici diretti e concreti per gli animali sono relativi. L’esperimento è comunque eseguito e gli animali soffrono, eccome. Purtroppo ci si limita a stare più attenti alle loro condizioni di stabulazione.

D.: Quali notizie arrivano al pubblico sugli OPBA e sulla sperimentazione animale?

Quelle non obiettive, di parte, faziose, addirittura false. In particolare, la formazione degli studenti liceali viene fatta da persone che non conoscono, o non vogliono conoscere, i progressi scientifici e tecnologici fatti in tema di replacement. Quindi l’informazione che giunge alla gente è distorta ed errata. Non c’è contraddittorio, non c’è dibattito, bensì una sorte di “dittatura” di spiegazioni, ragguagli, insegnamenti. L’autoreferenzialità regna sovrana. Trovo che sia un problema molto grave.

D.: C'è qualcosa che è cambiato in peggio nella nuova normativa?

A mio avviso in peggio non è cambiato niente, ma resta il fatto che la R del replacement è una “cenerentola”, ignorata dai più, anche perché senza sanzione il divieto è una beffa, e il solo consiglio di approfondire l’argomento ”sostituzione” con metodi alternativi e sostitutivi non è assolutamente sufficiente ad invogliare i ricercatori, pressati dall’urgenza di pubblicare, ad imparare qualcosa che non sanno fare e che non hanno mai fatto. Inoltre, e questo è l’aspetto a mio avviso più negativo, continua a non esistere l’obbligo, negli OPBA, di una figura esperta di replacement che, invece, in base alla filosofia della direttiva, dovrebbe essere fondamentale.

Il conflitto di interessi sembra ancora ineludibile ed inevitabile, com'era prima: il controllore e il controllato coincidono. Basterebbero delle telecamere per ovviare al problema. Le vite di tutti sono condizionate dalle telecamere, che consentono (la cronaca nera ne è un clamoroso esempio) di risolvere casi altrimenti destinati all’oblio: possibile che sia tanto difficile attuare il “grande fratello“ degli stabulari?

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